La Sindrome del Dolore Pelvico Cronico (Chronic Pelvic Pain Syndrome, CPPS) è una sindrome clinica ad eziologia sconosciuta, caratterizzata da un dolore localizzato in sede pelvica e/o perineale che si può irradiare fino alla regione lombare, all’inguine, alla regione pubica e sovrapubica, al sacro-coccige e alla radice delle cosce. Perché sia considerato tale, è necessario che il dolore, sia esso costante o intermittente, duri da almeno 6 mesi e che non siano presenti i meccanismi patogenetici tipici del dolore acuto [1]. Nella CPPS il dolore si presenta infatti sordo e mal definito (assumendo i connotati di dolore “neuropatico”) e risulta frequentemente associato a disturbi urinari, intestinali, sessuali e psicologici (ansia o depressione) [2]. Il sesso più colpito è quello femminile, con un rapporto donne/uomini di 10:1 e una prevalenza nella popolazione generale che può arrivare fino ad oltre il 20% [3]. Anche gli uomini possono essere interessati da questa patologia, spesso catalogata come prostatite cronica abatterica [4]. Dal punto di vista clinico è importante distinguere una fase precoce in cui i pazienti risultano sintomatici da meno di sei mesi ed una fase tardiva caratterizzata da un più duraturo esordio dei sintomi per i quali sia stata già praticata una prima linea terapeutica senza successo. Il protocollo diagnostico è finalizzato ad escludere le forme infettive (prostato-vescicoliti batteriche) e patologie ostruttive anatomiche o funzionali (Stenosi uretrali, adenoma prostatico, dissinergia del collo vescicale). È quindi indispensabile una accurata anamnesi ed un attento esame obiettivo per la valutazione di patologie prostatiche ed il tono della muscolatura pelvica (contrazione/rilasciamento, dolore localizzato). È indispensabile escludere infezioni batteriche. Un panel infettivologico completo in PCR su secreto prostatico esibisce una elevata sensibilità e specificità. L’iter diagnostico è completato da una valutazione ecografica vescico-prostatica ed una uroflussometria, mentre la RM pelvica sarà riservata ai pazienti con pregresso trauma. È consigliabile in questa fase l’uso di questionari validati (CPSI UPOINT) per un più accurato monitoraggio dei risultati della terapia. Controverso invece è il counselling psicologico in fase diagnostica, spesso interpretato dal paziente come una “preconcetta” diagnosi di instabilità psichica. In circa il 60% dei pazienti sottoposti all’iter diagnostico appena descritto non è possibile evidenziare patologie a sicuro impatto terapeutico (infezione/antibiotico terapia ostruzione alfa litico ) e quindi la strategia terapeutica è basata sull’esperienza del Clinico. Le cause descritte tuttavia non sono sempre sufficienti a soddisfare completamente il quesito diagnostico e infatti si stima che circa il 60% dei soggetti affetti da dolore pelvico cronico non trovi una soddisfacente spiegazione a questo disturbo [6]. Se la causa può essere differente, l’eziopatogenesi è tuttavia comune ed è da ricercarsi nell’ipertono involontario dei muscoli del pavimento pelvico, come risposta della pelvi ad insulti flogistici continui. Ripetuti episodi infiammatori a carico dell’area pelvica (es. cistiti ricorrenti/croniche, endometriosi, vulvodinia, etc.), causano difatti l’iperattivazione dei Mastociti, cellule del sistema immunitario che, in condizioni fisiologiche, ricoprono il delicato ruolo di “moderatori” della risposta infiammatoria dell’organismo [7]. Se sovrastimolato, tuttavia, il mastocita si trasforma da fondamentale presidio di difesa dell’organismo, in promotore e sostenitore del processo infiammatorio in atto, moltiplicando di migliaia di volte il proprio numero e incrementando il processo di degranulazione delle vescicole contenute al suo interno, con conseguente liberazione di una grande quantità di mediatori pro-infiammatori [8,9]. In sede pelvica si viene così a instaurare una vera e propria tempesta infiammatoria che, quando coinvolge le fibre nervose pelviche, si trasforma in Infiammazione neurogenica [10].
Quest’ultima rappresenta il presupposto per l’instaurarsi della cosiddetta “Neural Axial Central Sensitization” o Neurosensibilizzazione, una condizione per la quale il cervello “interpetra” in maniera amplificata e distorta gli stimoli nervosi provenienti dall’area pelvica, per cui:
- Stimoli che derivano da afferenze di natura sensitiva non dolorosa, sono percepiti come stimoli dolorosi (Allodinia);
- Lievi stimoli dolorosi vengono percepiti come dolore di forte intensità (Iperalgesia);
- Deboli stimoli propriocettivi generano sensazioni sgradevoli (Disestesia) [11].
Il trattamento della Sindrome Del Dolore Pelvico Cronico ha come obiettivo quello di migliorare la qualità della vita del paziente [12]. La terapia farmacologica classica segue lo schema delle “Three A’s”, ovvero Antibiotici, Alfa-bloccanti (farmaci con azione bloccante dei recettori α1-adrenergici in grado di rilasciare la muscolatura liscia) e Antinfiammatori (sia FANS che Cortisonici) [13,14]. Del tutto recentemente tale approccio terapeutico è stato sottoposto ad un’attenta revisione critica che ne ha meglio definito indicazioni e limiti. Il Gruppo PERG (Prostatitis expert reference group) ha analizzato l’efficacia e la safety dei farmaci in prima linea supportandone l’utilizzo ma con una serie di raccomandazioni. L’utilizzo degli inibitori alfa adrenergici va riservato a pazienti con sintomi da ostruzione ed uroflussometria patologica. Inoltre in assenza di risposta la terapia va sospesa entro max 4-6 settimane. È consigliabile l’uso di farmaci uro selettivi tipo Alfuzosina o Tamsulosina. Gli antibiotici vanno adoperati come prima linea terapeutica nelle fasi precoci della malattia per non più di 2 settimane ma cicli ripetuti non sono indicati in assenza di risposta e colture negative. Ed infine, la terapia con Fans o Corticosteriodi, va attentamente monitorata per gli effetti collaterali e non deve prolungarsi oltre le 4 settimane. È consigliato l’uso del Paracetamolo. Nel dolore neuropatico si ottengono ottimi risultati con gabapentinoidi (Pregabalin o Gapantin ), antidepressivi triciclici (Imipramina Amitriptilina ), o inibitori selettivi del reuptake della serotonina (Duloxetina ). La compliance terapeutica è però molto bassa per gli effetti collaterali reali o presunti dal paziente da Psicofarmaci. In relazione a quanto esposto è evidente che la strategia terapeutica va “sartorializzata” tenendo conto deli sintomi prevalenti e della loro gravità. La strategia terapeutica del nostro Dipartimento si basa appunto sulla identificazione precisa dei sintomi in base al questionario UPOINT. Nei pazienti con ostruzione cervico-urtrale anche lieve ed associata ad alterazioni della muscolatura pelvica utilizziamo la triade alfa-litici + fisioterapia + integratori ad azione antiossidante e neurotrofica. Nelle forme con sintomatologia irritativa (pollachiuria, urgenza e dolore eiaculatorio) associata a presenza di leucociti nel secreto prostatico, utilizziamo la triade con antibioticoterapia + FANS/corticossteroidi + neurotrofici ed antiossidanti per un periodo massimo di 4-6 settimane. Nelle forme con dolore neuropatico ed in tutti i non-responder alla prima linea terapeutica utilizziamo l’associazione Duloxetina o Gabapentin associata a fisioterapia pelvica. Appare evidente che alla terapia farmacologica è quasi sempre opportuno associare le tecniche riabilitative di tipo conservativo incentrate su percorsi terapeutici estremamente individualizzati che hanno l’obiettivo di interrompere il circolo vizioso “ipertono-dolore” rendendo il paziente attivo e cosciente nel recupero di tutte le sue funzioni [15]. La psicoterapia, in particolare la terapia cognitivo-comportamentale, può essere utile per imparare a contrastare l’insorgenza di atteggiamenti ansioso-depressivi che inevitabilmente accompagnano la sintomatologia dolorosa cronica, ottenendo in tal modo una diminuzione della percezione soggettiva del dolore e quindi un minor consumo/abuso di farmaci antidolorifici [15,16]. Come già segnalato, per il trattamento del dolore pelvico si ricorre sempre più spesso anche all’integrazione nutraceutica. Antiossidanti e Neurotrofici hanno prodotto risultati incoraggianti nel trattamento della CPPS, dal momento che consentono potenzialmente di agire, oltre che sul sintomo dolore, anche sulle cause che ne sono all’origine [17]. Tra gli antiossidanti, l’Acido Alfa Lipoico (ALA) e la Superossido dismutasi (SOD) sono impiegati in ragione del loro duplice meccanismo d’azione, antidolorifico ed antinfiammatorio. Questi due potenti antiossidanti endogeni agiscono infatti contrastando l’eccessivo release locale di radicali liberi e la liberazione di mediatori pro-infiammatori dal mastocita iper-reattivo, riducendo la sintomatologia dolorosa e svolgendo al contempo un’azione antinfiammatoria a livello delle fibre sensitive periferiche dell’area pelvica [19,20]. I Neurotrofici come la N-Acetil-L-Carnitina (NALC) e la Vitamina B12, vengono invece impiegati allo scopo di risanare il danno a carico delle fibre nervose, ripristinandone la funzionalità e dunque la “normale” risposta agli stimoli nocicettivi [21-24]. Concludendo il dolore pelvico cronico è una patologia non rischiosa ma ad alto impatto sulla qualità di vita del paziente. Un corretto inquadramento diagnostico ed un approccio terapeutico multi disciplinare e sartorializzato apre per questi pazienti, spesso frettolosamente etichettati psicogeni, più ampi e luminosi orizzonti.
Dott. Maurizio Carrino – Specialista in Urologia
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