L’IMPIEGO DI ATTIVI NATURALI NELLA GESTIONE DEL PAZIENTE GONARTROSICO

L’ Osteoartrosi (OA) rappresenta, ad oggi, la patologia reumatica più diffusa nella popolazione mondiale: un terzo della popolazione superiore ai 45 anni è alla ricerca costante di un trattamento per l’OA e, l’81% di questi, lamenta dolore e importanti limitazioni funzionali, con conseguente difficoltà di svolgimento delle normali attività quotidiane e astensione dai luoghi di lavoro [1].

Con il progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumento sempre più consistente dell’obesità, l’incidenza di OA sintomatica e di protesi articolari aumenta di anno in anno, così come i costi sociali e sanitari, divenuti sempre più insostenibili.

Come se non bastasse, sempre più frequentemente, si registrano segni di artrosi in soggetti giovani che praticano sport ad alta intensità o sottoposti ad un lavoro fisico usurante e per i quali l’artoplastica articolare non rappresenta ancora una strada percorribile [1].

L’artrosi si configura quindi sempre più come una malattia sociale, non necessariamente confinata alla sfera geriatrica, facendo emergere un chiaro e crescente bisogno di nuove soluzioni terapeutiche.

Tutte le strutture articolari dell’organismo possono essere colpite da fenomeni artrosici, ma attualmente, la gonartrosi rappresenta, insieme all’osteoartrosi dell’anca, la forma artrosica responsabile della maggiore disabilità e dei maggiori costi sociali, calcolati in termini di giorni di assenza da lavoro e pensionamento anticipato [2].

La gonartrosi colpisce specificatamente la cartilagine dell’articolazione del ginocchio. Il tessuto si deteriora portando allo sfregamento diretto delle ossa dell’articolazione e provocando dolore, difficoltà nel movimento e infiammazione [2].

Le raccomandazioni della SIR (Italian Society for Rheumatology), aggiornate al 2019, caldeggiano un approccio multidisciplinare al trattamento della gonartrosi, incentrato sull’adozione di terapie farmacologiche, riabilitative e su un corretto stile di vita [3]. Sul piano delle terapie farmacologiche, nei pazienti in cui il dolore non è adeguatamente controllato, l’analgesia di prima linea si basa sul ricorso ai FANS, agli Analgesici oppioidi e alle iniezioni intra-articolari di Corticosteoridi [1]. Tuttavia, anche il migliore di questi agenti, fornisce un’efficacia clinicamente significativa solo nella metà dei soggetti; inoltre, gli effetti collaterali e la potenziale tossicità, ne limitano l’impiego in una popolazione che spesso ha associate comorbidità [1].

Nei pazienti con gonartrosi refrattari alle terapie conservative o che non abbiano risposto alle terapie farmacologiche, per ridurre il dolore e la flogosi, prima del trattamento chirurgico, è possibile prendere in considerazione la somministrazione intra-articolare di Acido ialuronico [4].

Sebbene l’uso di questi device migliori taluni parametri clinici (dolore, scrosci articolari, etc.) i risultati rimangono ambigui per quanto riguarda il controllo delle altre componenti dell’osteoartrosi, particolarmente l’infiammazione e la rigenerazione cartilaginea [5-7]. Per incrementare il successo terapeutico della terapia farmacologia e viscosupplementativa è possibile ricorrere alla medicina integrata.

Ben riconosciuta dalla comunità scientifica, la medicina integrata prevede l’utilizzo di integratori e nutraceutici, sia nella prevenzione che nella gestione di fondo della gonartrosi. Ne sono un esempio i cosiddetti SYSADOA (SYmptomatic Slow-Acting Drugs), ovvero principi attivi in grado di favorire i processi riparativi cartilaginei, ritardando/stabilizzando i cambiamenti patologici a carico dell’articolazione [8].

Negli ultimi anni poi la medicina d’integrazione si sta sempre più orientando verso l’impiego di principi attivi, naturali e/o endogeni che, oltre a fornire supporto trofico all’articolazione, siano in grado di operare
l’inibizione delle cosiddette metalloproteasi di matrice (MMPs), enzimi endogeni responsabili della degenerazione cartilaginea e del conseguente processo infiammatorio [9]. In questo modo è possibile agire direttamente a monte del processo patogenetico con un duplice meccanismo: di supporto e antiflogistico.


Appartengono alle categorie sopracitate:

  • La N-Acetil-D-glucosammina;
  • La Condroitina solfato;
  • Il Metilsulfonilmetano;
  • La Boswellia serrata.

La N-Acetil-D-Glucosamina (NAG) è un derivato N-acetilato della glucosamina, presente naturalmente nell’organismo umano e sintetizzata a partire dalla D-glucosamina-6-P [10]. Estratta solitamente dai tessuti che strutturano il carapace dei crostacei, interviene nella sintesi di molecole biologicamente molto preziose quali: Glicosaminoglicani (GAG), Proteoglicani e Acido Ialuronico (azione anabolica) ovvero macromolecole, presenti nella matrice cartilaginea e/o nella sinovia, che concorrono al mantenimento delle proprietà strutturali e funzionali dei tessuti sottoposti a continue sollecitazioni, come quelli articolari.
In quanto condroprotettore, oltre che a svolgere un’azione anabolica sul condrocita, è attiva anche nella riduzione dell’attività della Collagenasi, enzima condrolitico appartenente alla classe delle MMPs, responsabile della degradazione del collagene (azione catabolica).


La Condroitina Solfato invece, rappresenta il GAG più abbondante a livello della cartilagine articolare ed è composto da una catena, di lunghezza variabile, rappresentata da due zuccheri alternati: N-Acetilgalattosamina e l’Acido glucuronico. È un elemento fondamentale della matrice cartilaginea, in quanto interviene in diversi processi che contribuiscono alla conservazione della sua struttura ed al mantenimento delle sue caratteristiche funzionali [11].

Studi clinici hanno dimostrato che Glucosamina e Condroitin solfano possano essere utilizzati in combinazione ottenendo un’efficacia superiore nella gestione dell’artrosi al ginocchio [12-16] rispetto all’utilizzo della singola molecola, ma anche che, l’associazione di questi condroprotettori con principi attivi naturali ad azione antinfiammatoria come il Metilsulfonilmetano (MSM) e la Boswellia serrata (BS) [17-20], possa essere altrettanto vantaggiosa.

Il Metilsulfonilmetano (MSM) è la forma naturale dello zolfo organico [18]. L’azione protettiva dell’MSM sulla cartilagine articolare, si deve al ruolo svolto dallo zolfo nella sintesi del Collagene, ma anche all’azione di inibizione delle MMPs. È inoltre in grado di migliorare la permeabilità delle membrane cellulari: favorendo l’eliminazione di agenti ossidanti e prodotti di scarto metabolico, si evita il loro accumulo all’interno della cellula, prevenendo/contrastando così l’insorgenza di eventuali focolai infiammatori, soprattutto a livello articolare, muscolare e del connettivo. Infine, il MSM inibisce la trasmissione dell’impulso doloroso attraverso le fibre nervose di tipo C e svolge una discreta azione antispasmodica, riducendo l’incidenza di dolore e crampi muscolari [21, 22].

La Boswellia serrata invece, è un albero di grandi dimensioni la cui gommoresina è caratterizzata dalla presenza di costituenti attivi, tra cui spiccano per importanza gli Acidi cheto-boswellici (AKBA) [23] i quali, sono in grado di inibire selettivamente l’enzima 5-Lipossigenasi, coinvolto nella biosintesi di importanti mediatori del processo infiammatorio: i Leucotrieni. La selettività di inibizione relativa alla sola Lipossigenasi e non della Ciclossigenasi, garantisce un’efficace azione antinfiammatoria, senza determinare in nessun caso gastrolesività, consentendone l’impiego anche per periodi di tempo prolungati e in pazienti nei quali l’uso prolungato di FANS è controindicato (esp. pazienti diabetici) [24-27].


Alla luce di quanto esposto in tema di gestione del paziente gonartrosico, la parola chiave fondamentale diventa “SINERGIA”. Le numerose evidenze scientifiche hanno infatti dimostrato che gli estratti fitoterapici, nel loro complesso, offrono risultati migliori rispetto alle dosi equivalenti di singoli principi attivi [28].


In conclusione, l’impiego di questi principi attivi, congiuntamente alla terapia farmacologica, alle misure riabilitative e ad uno stile di vita sano, consentono al clinico di offrire al proprio paziente un regime terapeutico più maneggevole e tollerabile nel medio-lungo periodo, incrementando il successo terapeutico e migliorandone la qualità di vita.

Dott. Raffaele Franzese  – Specialista in Ortopedia e Traumatologia

BIBLIOGRAFIA

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