Le infezioni delle vie urinarie (IVU) rappresentano una risposta infiammatoria dell’apparato urogenitale all’invasione da parte di agenti patogeni, nella maggior parte dei casi batteri (Escherichia Coli Uropatogeno, Klebsiella pneumoniae, Staphylococcus saprophyticus, ecc…) o funghi (Candida Albicans)[1].
I sintomi più comuni sono:
- impossibilità a urinare nonostante lo stimolo – urgenza urinaria e minzione frequente
- dolore e bruciore nell’urinare
- dolore in regione pelvica e lombare
- presenza di sangue nelle urine
Le urine possono inoltre presentarsi torbide e maleodoranti. L’incidenza delle IVU varia in rapporto al sesso e all’età, con una frequenza nettamente maggiore nelle donne, specialmente dopo i 65 anni [2]. A prescindere dal sesso e dall’età, la presenza di determinate condizioni può determinare un incremento sostanziale sia della frequenza che della severità dell’infezione urinaria. Tra queste, il Diabete mellito rappresenta un fattore predisponente importante. Il Diabete Mellito Di Tipo 2 (DMT2) è infatti associato ad un aumento del rischio di infezioni a carico delle vie urinarie e di infezioni genitali non sessualmente trasmesse come Balaniti, Balanopostiti e Vulvovaginiti [3]. Varie alterazioni a carico del sistema immunitario, la compromissione della flora batterica locale e intestinale e lo svuotamento incompleto della vescica dovuto alla neuropatia autonomica sono tutti fattori che contribuiscono all’aumento del rischio di UTIs in questi pazienti. Spesso poi nel paziente diabetico l’infezione si complica a causa di un alterato controllo metabolico che può compromettere ulteriormente la capacità di difesa dell’organismo nei confronti dell’infezione [4]. L’alta incidenza di IVU nei soggetti diabetici è legata anche all’utilizzo di una classe di farmaci noti come Inibitori del trasportatore SGLT2 anche detti Gliflozine, che inibendo il riassorbimento del glucosio a livello tubulare, sono in grado di favorirne l’eliminazione attraverso le urine [3-6]. Si tratta di farmaci che ad oggi trovano ampio riscontro in diabetologia in quanto non solo garantiscono un controllo della glicemia insulino- indipendente, ma conferiscono al contempo anche importanti effetti cardio-protettivi [7]. Tuttavia, a causa della glicosuria generata dal massivo allontanamento del glucosio attraverso le urine, il trattamento con SGLT2 inibitori si associa spesso ad un aumentato rischio di infezioni a carico delle vie urinarie, che, generalmente, esordiscono già poco tempo dopo l’inizio del trattamento, costringendo il paziente ad abbandonare la terapia (Drop-out) [8]. Lo studio SIDECAR (SGLT2-Inhibitors in Diabetes: Evaluation of metabolic Control and Adverse events in the Real-world) ha recentemente valutato gli effetti delle Gliflozine in pazienti con DMT2, riportando l’incidenza delle IVU e di altri fattori determinanti la sospensione del trattamento con SGLT2. A 18 mesi di follow-up, dei 223 soggetti arruolati, circa il 15% ha sospeso l’assunzione di SGLT2 per insorgenza di IVU, nonostante un’adeguata attenzione comportamentale [9].
Nel paziente diabetico trattato con Gliflozine, risulta dunque fondamentale predisporre un trattamento tempestivo ed adeguato, per evitare l’alto tasso di infezioni a carico delle vie urinarie e i conseguenti abbandoni terapeutici. Trattandosi di infezioni per la maggior parte di natura batterica, la terapia d’elezione è rappresentata dagli Antibiotici. Tuttavia, l’elevato ricorso alla terapia antibiotica, si associa, sovente, allo sviluppo di antibiotico-resistenza [10]. L’alternativa, in questi casi, è impostare programmi di profilassi non antibiotica basati sull’impiego di principi attivi naturali in grado di agire a livello delle basse vie urinarie attraverso azioni di tipo antibatterico ed antinfiammatorio. Il D-mannosio e l’Hibiscus sabdariffa rappresentano principi attivi di lungo impiego nel trattamento delle infezioni a carico delle vie urinarie [11- 15]. La peculiarità di questa associazione è legata al sinergismo d’azione che si instaura tra i due attivi, tale da garantire un’azione antibatterica ad ampio spettro. Il D-mannosio, uno zucchero semplice che non viene metabolizzato dall’organismo e che per questo è indicato anche per l’uso nei diabetici, nel suo passaggio lungo il distretto urinario, è in grado di attaccarsi ai patogeni urinari che presentano sulla loro superficie Fimbrie mannosio sensibili, impedendo così la loro adesione alla parete vescicale e favorendone l’eliminazione attraverso il flusso urinario. L’ Hibiscus sabdariffa (o Karkadè) è una pianta nota da tempo per le sue proprietà diuretiche ed antisettiche. L’estratto secco è ricco di Proantocianidine (PACs) ed Acidi organici; le Proantocianidine dell’Hibiscus sono in grado di legarsi alle Fimbrie mannosio-resistenti, presenti sulla membrana dei principali patogeni urinari, agendo in sinergia con il D-Mannosio, e saturando così tutti i possibili siti di ancoraggio dei batteri alla parete vescicale, risultando efficace anche nei confronti del fungo Candida Albicans [16,17], l’agente responsabile della maggior parte delle infezioni genitali nella popolazione diabetica. In più, gli acidi organici dell’Hibiscus sono in grado di acidificare il Ph dell’ambiente vescicale, rendendolo così più inospitale per la proliferazione dei patogeni, già dalle prime somministrazioni [18]. Per il controllo della sintomatologia dolorosa, in luogo dei classici Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei (FANS), il cui impiego sul medio e lungo periodo non è consigliato nel paziente diabetico sia a causa degli effetti collaterali a livello gastrico sia per possibili interazioni negative con i farmaci ipoglicemizzanti, è consigliabile valutare il ricorso ad antinfiammatori di origine naturale, come la Boswellia serrata. Gli Acidi cheto-boswellici (AKBA) contenuti in questa pianta, inibendo selettivamente l’enzima 5- Lipossigenasi (e non le Ciclossigenasi come i FANS tradizionali), garantiscono un’efficace azione antinfiammatoria, senza determinare in nessun caso gastrolesività, consentendone l’impiego anche per periodi di tempo prolungati [19,20]. Infine, un buon programma di profilassi per le infezioni a carico delle vie urinarie non può prescindere dall’impiego di Probiotici. I batteri del microbiota locale e intestinale costituiscono infatti la prima linea di difesa contro l’attecchimento dei patogeni, attraverso la produzione di metaboliti ad azione antimicrobica, in grado di mantenere bassa la carica batterica patogena.
Squilibri qualitativi e/o quantitativi a carico della microflora (uso di antibiotici, irregolarità intestinale, ecc) aumentando dunque la suscettibilità individuale a contrarre un’infezione a carico delle vie urinarie [21]. Studi in vitro hanno dimostrato che, tra le specie probiotiche, il Lactobacillus plantarum si è rivelato particolarmente efficace nell’impedire l’adesione di E. coli alle cellule della vescica, tramite un meccanismo di competizione per i siti di ancoraggio alle cellule vescicali, e di prevenire la formazione di biofilm batterici, aggregazioni complesse di microrganismi, non facilmente eradicabili con le tradizionali terapie antibiotiche [22-25].
In conclusione, nei pazienti diabetici in trattamento con Gliflozine, l’integrazione nutraceutica, in fase acuta, consente di agire efficacemente sul controllo della sintomatologia, mentre se utilizzata a cicli di prevenzione, è utile per ridurre la suscettibilità individuale alle infezioni genito-urinarie, riducendo l’incidenza degli episodi infettivi e contenendo i tassi di abbandono del trattamento con SGLT2 inibitori.
Dott.ssa Terracciano Annamaria – Specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio
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